Monta la polemica ad Agnone dopo l’installazione della moderna TAC, che tuttavia esegue esami solo per esterni e su prenotazione. Di fatto, la strumentazione non consente indagini con mezzo di contrasto, e, cosa ancor più paradossale, non viene utilizzata per i codici rossi e gialli. Inoltre, i pazienti interni al “Caracciolo” sono costretti a essere trasportati al “Veneziale” di Isernia, con un aggravio di spesa sulle casse dell’Azienda Sanitaria Regionale ed un dispendio di energie come spesso accade per i sanitari del 118 indotti a lasciare scoperta un’intera area di 20mila residenti. Alla base di quanto accade, c’è, prevedibilmente, la cronica carenza di medici e tecnici di radiologia, ormai ridotti al minimo su tutta la rete ospedaliera pubblica.
Ma non è tutto, considerata l’assenza di numerose figure professionali di cui la struttura di frontiera è priva. Tra queste, spicca il cardiologo, ormai assente da anni. Nel frattempo, chi ha bisogno di cure deve recarsi a Campobasso o Isernia, oppure rivolgersi a specialisti privati. Risulta impensabile come un ospedale, ufficialmente dichiarato di “area particolarmente disagiata”, possa svolgere le sue funzioni senza poter contare su una figura essenziale come il cardiologo.
Non finisce qui: da oltre un anno manca un pediatra di base, la cui assenza viene sopperita esclusivamente nei fine settimana (sabato e domenica) con un ambulatorio pediatrico. Come se non bastasse, manca anche l’urologo, e l’ambulatorio di nefrologia è chiuso da luglio. L’unico medico che gestisce l’unità di dialisi non riesce più a garantire entrambi i servizi, costringendo chi ha bisogno di piani terapeutici o visite a recarsi a Isernia, mentre prima Agnone era punto di riferimento anche per pazienti provenienti dall’Abruzzo.
A sottolineare queste problematiche è Bruno Delli Quadri, sindacalista della Cisl, che già in passato aveva denunciato la “necessità urgente di investire nella sanità pubblica, cannibalizzata dalle strutture private che proliferano e traggono profitti su tutto il territorio molisano”.
Dello stesso avviso è don Francesco Martino, che ha offerto una fotografia impietosa della situazione legata alla dialisi: “In base alla pianta organica, dovrebbero essere previsti 20 medici nefrologi, ma in Molise ce ne sono appena 13”, ha affermato il sacerdote, da sempre in prima linea per la salvaguardia dei servizi sanitari. Nel frattempo, tra due mesi, il primario Giuseppe Di Censo del “Cardarelli” andrà in pensione, e un altro medico tornerà in Campania. Questo ridurrà il personale da 7 a 5 unità, rendendo impossibile garantire le sostituzioni a Larino e Agnone come accade ora. “Invitiamo l’Asrem”, conclude don Martino, “a riorganizzare e completare la pianta organica dell’Unità Operativa Complessa di Nefrologia ed Emodialisi di Campobasso, integrando almeno otto medici.”