Che la lobby degli avvocati del foro di Vasto tenti di difendere il lavoro sotto casa, o più in generale e in linea di principio la permanenza e operatività del tribunale di Vasto, ci sta. Bene intesi, lobby in senso letterale e con un’accezione assolutamente positiva, cioè di un “gruppo di persone che cerca di influenzare dall’esterno le istituzioni”, che è esattamente quello che hanno fatto ieri gli avvocati vastesi sotto i palazzi del potere politico a Roma. Va tutto benissimo, ci mancherebbe, perché chiudere il tribunale di Vasto o quello di Lanciano significa privare il territorio di riferimento anche della Procura e quindi di un utile presidio di legalità, tra l’altro in una zona confinante con terre già permeate dalla criminalità organizzata. E anche che i sindaci del territorio Vastese, da Francesco Menna di Vasto e Tiziana Magnacca di San Salvo, a Carlo Racciatti di Guilmi al esempio, passando per Donato Sabatino o Filippo Stampone rispettivamente di Castelguidone e Fraine, o a Luciano Piluso di Schiavi di Abruzzo, tanto per citarne alcuni, facciano sponda alla protesta degli avvocati partecipando alla gita romana ci può stare. «La nostra presenza massiccia a Roma ha dimostrato l’unione dei sindaci sui grandi temi che investono il territorio». Ha dichiarato alla stampa la sindaca di San Salvo, la castiglionese Tiziana Magnacca, tra l’altro nella duplice veste di amministratore pubblico e di avvocato. «Sulla giustizia abbiamo trovato coesione per la sopravvivenza del tribunale di Vasto. – ha continuato la sindaca – Chiediamo al ministro Bonafede, di cui siamo ancora in attesa di risposte, che si preoccupi di più di questa parte d’Abruzzo in un’area dove le ultime iniziative della procura hanno dimostrato l’esigenza della permanenza del presidio di giustizia». «L’unione dei sindaci sui grandi temi» dice Magnacca, la «coesione» dei sindaci, anche di parti politiche diverse, su una comune battaglia, quella appunto di difendere il tribunale di Vasto. Bene, benissimo, ci mancherebbe, un servizio va difeso sempre e comunque, a prescindere. Spiace però constatare che la stessa mobilitazione e «coesione» di sindaci non ci sia su altri «grandi temi», che forse interessano il territorio del Vastese interno anche più che la permanenza della Procura e del Tribunale nella città adriatica. Non si ricorda, a memoria d’uomo, che i sindaci del Vastese e dell’Alto Vastese in particolare siano scesi in piazza, non dico a Roma, ma magari davanti alla Provincia a Chieti o al palazzo della Regione, per protestare contro la miriade di strade provinciali chiuse. Una su tutte: la provinciale tra Castiglione e Fraine chiusa da quattro anni, millequattrocentosessanta giorni. Sindaci in fascia, lì sulla frana, non se ne sono visti, neanche in occasione dei quattro anni dalla chiusura causa frana. Qualche anno fa i sindaci fecero una sorta di passeggiata di protesta sull’Adriatica, poi il nulla cosmico. Incontri in Regione, tavoli tecnici in Provincia, vertici al Ministero, tutte cazzate, perché ai residenti dell’Alto Vastese non servono le chiacchiere, ma le strade provinciali aperte e percorribili senza essere costretti ad utilizzare mezzi cingolati o quadrupedi. Lanciamo allora una sfida ai sindaci del Vastese, ma non solo a quelli dell’entroterra montano, anche agli amministratori comodamente adagiati sulle poltrone delle zone costiere dove hanno non solo le strade asfaltate, ma addirittura le piste ciclopedonali: spolverate la fascia tricolore e venite a fare lobby a Fraine, a Montazzoli, a Castiglione Messer Marino o a Roccaspinalveti sui «grandi temi» della viabilità, venite a difendere in fascia il diritto ad avere una cazzo di strada provinciale aperta per andare al lavoro o correre in ospedale, una strada percorribile e in sicurezza. Noi siamo qui.
Francesco Bottone
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