Ammonta ad oltre 2.500 litri il sequestro di birra “di contrabbando” eseguito dai militari della Guardia di Finanza di Vipiteno nei giorni scorsi, nell’ambito delle attività di controllo economico del territorio che le Fiamme Gialle svolgono quotidianamente presso la barriera autostradale dell’A22, punto nevralgico per i traffici commerciali su gomma che dagli altri Paesi dell’Unione giungono in territorio italiano.
Stoccata in 62 fusti pronti per la spillatura e destinata a rifornire diversi pub e ristoranti su tutto il territorio nazionale, la birra era stata acquistata in Germania, per essere trasportata, a bordo di anonimi furgoni, in carenza dei necessari documenti di accompagnamento, che garantiscono la tracciabilità del prodotto, anche ai fini del pagamento dell’accisa, l’imposta cui sono assoggettate le bevande alcoliche, all’atto dell’immissione in consumo.
In tal modo, i rivenditori finali avrebbero potuto garantire un prezzo “al boccale” certamente più conveniente rispetto agli altri esercenti, attirando un maggior numero di clienti e falsando la concorrenza, in pregiudizio di chi che opera sul mercato nel rispetto delle regole.
Colti sul fatto, tre conducenti, tutti italiani, hanno fornito le più disparate giustificazioni per quella che, a loro dire, era una mera disattenzione. Uno ha affermato di non sapere come fosse regolamentato il trasporto della birra; un altro ha dichiarato di eseguire il trasporto per conto di un amico, senza essersi preoccupato di accertare la tipologia di merce che gli era stata consegnata.
L’ultimo ha cercato di convincere i finanzieri che il quantitativo rinvenuto (oltre mille litri!) fosse destinato al suo personale consumo, nonostante fosse da tempo titolare di un’impresa, in Calabria, che commercia bevande.
L’acquisto oltre confine è costato particolarmente caro a tutti e tre: ciascuna partita di birra è stata sottoposta a sequestro e i conducenti, nonché i destinatari finali del prodotto, sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Bolzano per il reato di «Sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa», punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con una multa commisurata all’ammontare dell’imposta evasa e, in ogni caso, non inferiore a € 7.746.