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  • Carni cancerogene, l’esperto: «Molto meglio la selvaggina»

    La carne di selvaggina, come quella dei bovini allevati naturalmente, è meno cancerogena rispetto a quella proveniente da allevamenti intensivi, perché possiede proprietà nutrizionali qualitativamente alte, a partire da una percentuale inferiore di grasso intermolecolare e dall’assenza di antibiotici al suo interno”.
    A dirlo è il professor Silvio Barbero, vicepresidente dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in riferimento all’allarme lanciato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms, che ha inserito le carni lavorate tra le sostanze più cancerogene (alla stregua del fumo e del benzene), e le carni rosse tra quelle “probabilmente cancerogene”.cinghiale appena abbattuto

    “I contenuti della ricerca dell’Oms non rappresentano una novità, – prosegue Barbero – il vero problema consiste nella varietà dell’alimentazione quotidiana e della moderazione nel mangiare determinati cibi, tra cui la carne. Quelle rosse possono, per loro IMG-20151020-WA0000struttura, indurre a processi degenerativi cancerogeni, ma i rischi si riducono in base alla qualità e alla sostenibilità delle modalità di allevamento. Certamente, infatti, esistono determinate modalità produttive, in particolare gli allevamenti intensivi, che aumentano i fattori di rischio. Anche le errate modalità di cottura, specialmente quelle che bruciano la carne, concorrono alla produzione di processi cancerogeni. Un ulteriore elemento decisivo – conclude Barbero – è rappresentato dalla tracciabilità, indispensabile per aumentare la consapevolezza, da parte del consumatore, sulla provenienza della carne”.

    Proprio la tracciabilità della provenienza della carne di cacciagione è al centro del progetto “Selvatici e buoni” a cura dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in collaborazione con il Dipartimento di Veterinaria dell’Università di Milano e la Società Italiana di IMG-20151019-WA0010Veterinaria Preventiva. Il progetto – uno dei cinque messi in campo da UNA (uomo, natura e ambiente), la nuova filiera ambientale costruita per trovare un nuovo equilibrio tra uomo e ambiente, basato sulla legalità e capace di generare nuove opportunità per l’economia e l’occupazione – punta a rendere i temi di tracciabilità e sicurezza alimentare centrali per garantire trasparenza e legalità in questo settore, e per valorizzare i prodotti a base di selvaggina, anche dal punto di vista economico.

    Anche queste tematiche saranno al centro giovedì 29 ottobre in Expo Milano 2015 durante l’evento “Italia-Ambiente: verso i virtuosismi” a cui parteciperà il Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente Barbara Degani, oltre ai rappresentanti del mondo ambientalista, scientifico e venatorio di tutta Europa.

    In molte regioni, come ad esempio in Abruzzo, la commercializzazione di carne di selvaggina è vietata perché manca un’opportuna regolamentazione. Una risorsa praticamente infinita, si pensi all’elevato numero di cinghiali, fonte di carni pregiate e salutari, che non viene utilizzata solo perché manca una legge regionale che regolamenti la filiera. Una ricchezza ignorata, grazie alla quale si potrebbero creare posti di lavoro in zone depresse come l’entroterra montano, vocato alla presenza del cinghiale.

    dino pepeIn Abruzzo l’assessore regionale (qui in foto, ndr)  Dino Pepe dice da mesi di lavorare ad una legge sulla filiera del cinghiale, ma ad oggi i suoi uffici non hanno partorito ancora uno straccio di norma.

    a cura di Francesco Bottone

    effebottone@gmail.com

    tel: 3282757011

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