Il 6 giugno del 1915 fu inaugurata la tratta ferroviaria Agnone-Pietrabbondante-Pescolanciano. Conosciamo i protagonisti e ripercorriamo le tappe salienti che portarono alla realizzazione di un progetto innovativo, il quale consentiva ai comuni dell’altissimo Molise di uscire dall’isolamento. Fu distrutta dai tedeschi nel novembre del ’43.
Con l’approvazione della costruzione della ferrovia Isernia – Sulmona, la popolosa e industre città di Agnone era distante dalla stazione più vicina, Carovilli, 29 chilometri.
Tale distanza non era trascurabile per gli agnonesi, e per gli abitanti di tutti i paesi che gravitano intorno ad Agnone, capoluogo morale dell’alto-Molise, che per prendere la ferrovia dovevano arrivare prima ad Agnone.
Il collegamento con Carovilli veniva assicurato da carrozze, attraverso un percorso disagevole di circa quattro ore; le merci invece viaggiavano con i carri che impiegavano un giorno in estate e due giorni in inverno.
Proprio durante il periodo invernale, quando le nevicate erano copiose, la posta arrivava con numerosi giorni di ritardo e non si poteva viaggiare per parecchi giorni ed addirittura le merci non viaggiavano per mesi con gravi danni all’economia soprattutto agnonese date le numerose attività artigianali; tra esse spiccava in particolare quella dei ramai con mercati in vari paesi del Molise ed anche fuori regione (Puglia e Abruzzo).
Per questo Agnone si attivò per collegarsi alla ferrovia dello stato Isernia – Sulmona per superare proprio le difficoltà prima indicate.
Dopo aver valutato vari tracciati, fu scelto quello che partendo da Agnone, seguiva la strada nazionale Aquilonia, (poi strada statale N. 86, oggi strada provinciale), fino alla località detta “Tre Termini”, e svoltando a sinistra passava per Pietrabbondante, fiancheggiando la strada provinciale Trignina sino ad arrivare a Pescolanciano, sulla linea ferroviaria statale Isernia – Sulmona.(Fig.1)
Tale tracciato era quindi utile a Agnone per le numerose attività artigianali ed anche a tutti i paesi che vi erano strettamente legati, tra cui in particolare Pietrabbondante, per arrivare più facilmente ad Agnone stessa e alla ferrovia dello stato. Inoltre si avvicinarono anche alcuni comuni dalla valle trignina quali Bagnoli del Trigno, Salcito, Trivento ecc…
Complessivamente i paesi che usufruirono della ferrovia, Agnone – Pietrabbondante – Pescolanciano furono: Agnone, Belmonte del Sannio, Borrello, Poggio Sannita, Castelguidone, Castiglione Messer Marino, Celenza, Civita Luparella, Fallo, Montazzoli, Monteferrante, Quadri, Roccaspinalveti, Roio del Sangro, Rosello, San Giovanni Lipioni, Schiavi di Abruzzo, Torrebruna, Villa Santa Maria, Pescopennataro, Liscia, Palmoli, Carunchio, Tufillo, Fraine, Pescolanciano, Capracotta, Castelverrino, Pietrabbondante, Bagnoli del Trigno, Roccavivara, Salcito, Trivento, Montemitro, Montefalcone, Pietracupa, Fossalto.
All’epoca la popolazione complessiva era di 89.244 abitanti.
L’Opera Grande, fu promossa dalla banca popolare cooperativa “La Sannitica”. Nel 1905 il Consiglio di Amministrazione della banca in base alla relazione del direttore Venanzio Gamberale, deliberava la spesa per gli studi di un progetto di massima per collegare Agnone con una ferrovia elettrica, alla rete ferroviaria dello stato Isernia-Sulmona. A ciò si giunse dopo aver realizzato la banca Sannitica (1899) e la Centrale Elettrica del Verrino (1904).
Per la costruzione e ed esercizio dell’Opera Grande fu costituita una Società Anonima per azioni che con 700mila lire contribuì in azioni (1907) corrispondenti a 2.836.050,07 euro rivalutati al 31 dicembre 2014 secondo Istat.
Per la costruzione ed esercizio di detta ferrovia fu costituita una Società Anonima per Azioni. Il primo Consiglio di Amministrazione della società era composto da: Filippo d’Onofrio (presidente), Venanzio Gamberale (Amministratore delegato), Giovanni Piccoli, Michele Cervone, Enrico Marinelli, Beniamino Marinelli, Giovanni Ionata, Francesco Onorato, Salvatore di Iorio, (consiglieri), Luciano Iannicelli, Giuseppe Maria Amicarelli, Gennaro Carosella, (sindaci ordinari), Antonio Amicarelli, Donato Sammartino, (sindaci supplenti), Giuseppe Mastrostefano (segretario).
Autori del progetto furono gli ingegneri: Federico Sabelli e Domenico Mastrostefano.
Il costo complessivo della ferrovia fu di lire 3.400.000 (1907) corrispondenti a 13.775.144,07 euro, rivalutati al 31/12/2014 secondo parametri Istat.
Nel 1911, il 29 ottobre, viene posta la prima pietra della stazione ferroviaria di Agnone. Il 23 dicembre 1914 arriva in Agnone la prima vettura.
Nel 1914 la prima guerra mondiale sarebbe scoppiata il 28 giugno quando un terrorista serbo uccise l’Arciduca d’Austria-Ungheria: Francesco Ferdinando d’Asburgo.
L’Italia allo scoppio della guerra aveva dichiarato la sua neutralità.
Il 23 maggio 1915 fu decisa l’entrata in guerra dell’Italia dal Re e da Salandra (presidente del Consiglio dei Ministri), spinti dalla piazza interventista contro un parlamento in maggioranza neutralista.
Venanzio Gamberale, amministratore delegato della Ferrovia, decise con grande responsabilità, anticipatamente all’apertura ufficiale della linea, di portare i soldati, per farli partire con poco disagio e uniti, fino a Pescolanciano. Il 23 maggio 1915 fu dato il segnale della partenza alle ore dieci; un grande applauso scoppiò e i soldati furono ricoperti di fiori.
Il 6 giugno 1915 inizia l’esercizio della ferrovia Agnone – Pietrabbondante – Pescolanciano, con due coppie di treni al giorno, in partenza da Agnone alle ore 5.40 e 10.45 e da Pescolanciano alle ore 8.50 e 15.45.
Nello stralcio topografico, si può osservare il suo percorso, con le relative stazioni e fermate che seguiva lateralmente le strade careggiabili (nazionali, provinciali, comunali).
Tale ferrovia a trazione elettrica, con corrente continua, alla tensione di 1200 volt sul filo di contatto era a scartamento ridotto di 0,950 metri e con lunghezza del percorso poco superiore a 37 chilometri. La potenza elettrica veniva fornita dall’impianto idroelettrico del Verrino (1904) già in funzione all’epoca.
Poiché tale impianto non poteva fornire la corrente direttamente sul filo di contatto, fu necessaria la realizzazione di una officina cosiddetta termica, di supporto.
In base all’andamento plano-altimetrico del percorso la velocità media era di 20 chilometri all’ora.
La dotazione di linea si componeva di vetture automotrici elettriche di vetture rimorchiate e carri merci.
I treni si componevano normalmente (movimento ordinario) di una vettura automotrice con 20 persone sedute e 18 in piedi e di un carro merci rimorchiato.
Nei periodi di maggiore affluenza di viaggiatori il treno era formato da una vettura automotrice ed una rimorchiata. Queste ultime invece, erano dotate di 30 posti a sedere e 12 in piedi.
A pieno regime le corse erano quattro in andata e quattro in ritorno; l’intero percorso veniva coperto in un tempo pari a circa due ore e mezzo. Sia per la sicurezza dei viaggiatori, e del personale addetto, sia per il mantenimento della linea oltre alle stazioni furono realizzate anche case cantoniere con rispettive fermate facoltative.
Dentro il centro abitato si costruì la “Stazione di Agnone”, ancora per la gran parte esistente; è stato demolito il solo magazzino merci, il più grande come dimensioni. Da questa si procedeva verso la stazione, Verrino, trasformata in scuola elementare rurale; seguiva la fermata alla casa cantoniera Cassillo; l’officina termica; in località “Tre Termini” la stazione di Vasogirardi-Capracotta, recentemente crollata e casa cantoniera; la fermata Roccatamburri, altra casa cantoniera; la stazione di Pietrabbondante, non più esistente e trasformata in edificio popolare; la stazione di Trivento-Bagnoli, utilizzata come civile abitazione; la fermata di Collemeluccio, casa cantoniera ristrutturata in civile abitazione; infine la Stazione di Pescolanciano, non più esistente. Si fa presente che nell’area annessa alla stazione di Agnone, era presente la rimessa vetture perché in essa si rimettevano ogni sera tutte le vetture ed i carri merci. In tale area è stata ricostruita la chiesa di Maria Santissima di Costantinopoli ed il convento.
Con la costruzione della ferrovia si riuscì a superare, in definitiva, l’isolamento di Agnone e dell’Alto Molise, soprattutto durante i lunghi inverni caratterizzati da forti e numerose nevicate, con enormi vantaggi per l’economia locale.
Con nuovi sacrifici economici, la società della ferrovia fece redigere anche il progetto tra Agnone e Vasto oltre al tratto della diramazione Gissi-Atessa (per congiungersi alla Sangritana). Nel 1929 il Consiglio superiore dei lavori pubblici approvò anche il progetto Agnone-Vasto con diramazione Gissi-Atessa. Purtroppo non furono disponibili i fondi necessari.
Nel 1935, dopo 20 anni di esercizio su istanza dell’amministrazione della società, il tribunale di Isernia dichiarava il fallimento della società, con profondo scoramento e rassegnazione della popolazione di Agnone. Si concedeva, comunque, subito l’autorizzazione all’esercizio provvisorio. Curatore del fallimento fu l’avvocato di Isernia Giovanni Ciampitti, nominato dal tribunale di Isernia stesso. Ciampitti evidenziò che la ferrovia si poteva salvare per evitare un danno incommensurabile e per salvare i 50 agenti e loro famiglie.
Nel 1936, nell’adunanza dei creditori, il curatore Ciampitti, assicura di aver superato le gravi e molteplici difficoltà e dopo un solo anno di esercizio provvisorio sottolinea l’assenza di debiti. Evidenzia inoltre, che la ferrovia non solo si può e si deve salvare e che può anche avere vita prospera e rigogliosa. Si augura che sorgano enti o società che rilevino l’azienda; Se a ciò non si penserà in tempo è inutile illudersi, la ferrovia chiuderà.
Nel 1941 la concessione viene trasferita alla S.A.M. (Società Automobilistica Molisana) di Campobasso. Successivamente, nel primo trimestre di esercizio e di gestione S.A.M. era già in perdita.
Tra l’1 e il 13 novembre del 1943 si verifica la distruzione della ferrovia e quindi la perdita definitiva dell’Opera Grande degli agnonesi. Ai primi di novembre, infatti, cominciò l’evacuazione di Agnone da parte delle truppe tedesche. L’ultimo corpo ad andar via fu quello dei guastatori. Prima di andar via fecero saltare con le mine tutta la ferrovia Agnone-Pietrabbondante-Pescolanciano.
Per quanto riguarda la sua non ricostruzione, in base alle interrogazioni alla Camera dei deputati Colitto (Carovilli) e Sammartino (Agnone), si giustificò a causa dello scarsissimo traffico.
Nel 2001, Remo Sammartino in un’intervista rilasciata a L’Eco, specifica che con l’avvento del sistema autostradale e con la correzione e asfalto sulle strade, ci si rivolse ai trasporti su gomma più che su rotaia. La verità, a detta di molti è che non ci fu la volontà di ripristinare la tratta ferroviaria perché non si sentiva propria la “Grande Opera”, ne si capì che salvarla significava salvare l’orgoglio e la capacità agnonese che non ha mai più saputo né eguagliare né superare quel progetto tanto innovativo quanto utile. Erano purtroppo scomparsi i grandi agnonesi dei primi del ‘900 che avevano portato Agnone e l’Alto Molise al massimo livello di sviluppo sociale, tecnico ed economico e con loro tutta la capacità tecnica. Nel 1955, si è avuta la risoluzione consensuale a favore della S.A.M. di Campobasso, della concessione della ferrovia, Agnone-Pietrabbondante-Pescolanciano. Lo Stato rinunciò ai suoi diritti sugli immobili e impianti fissi che restarono di proprietà della S.A.M.
Nel 1956, la S.A.M., vende ai frati minori Cappuccini di Foggia il fabbricato e terreno annesso alla ex stazione ferroviaria di Agnone per riedificare il convento e la chiesa demoliti a suo tempo. Nel dopoguerra non si seppe recuperare l’Opera Grande, fortemente voluta per lo sviluppo di Agnone e dell’Alto Molise, in tempi difficili, con uno sforzo enorme mai più eguagliato. Con la fine definitiva della ferrovia, viene dimenticato, rimosso, cancellato, il periodo storico più importante della storia di Agnone, ed i principali protagonisti, tra cui Venanzio Gamberale.
L’attuale amministrazione comunale, senza confronto con le associazioni e gli studiosi di storia locale, ha rinominato toponomasticamente, di recente, l’ex “Largo della stazione” ancora così chiamato dagli agnonesi, in una inopportuna “Piazza Unità d’Italia”, in prossimità del centenario della ferrovia. Che dire!
Mauro Salzano (presidente Archeoclub d’Italia – sez. di Agnone)