Entro l’anno «sicuramente» arriverà la legge che impone lo stop la domenica e nei giorni festivi delle aperture agli esercizi e ai centri commerciali: parola del vicepremier e ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, intenzionato ad accelerare la stretta sulla liberalizzazione delle aperture e degli orari nel commercio, introdotta nel 2011 con il decreto ‘Salva Italia’. Plaudono i sindacati, da sempre schierati contro la deregolamentazione e il conseguente “far west”. Preoccupata, al contrario, la grande distribuzione organizzata: a rischio ci sarebbero 40-50mila lavoratori, avverte l’amministratore delegato e direttore generale di Conad, Francesco Pugliese. Rilancia l’allarme occupazione il presidente di Federdistribuzione, l’associazione che riunisce le aziende della distribuzione, Claudio Gradara: un provvedimento di cui “non vediamo la necessità e l’opportunità” e di cui “non si capisce la tempestività”. E invece il contestato provvedimento potrebbe avere dei risvolti positivi anche per i piccoli esercizi commerciali dei paesi montani. I negozietti di paese soffrono la concorrenza della grande distribuzione. Impossibile essere concorrenziali sui prezzi, le botteghe di paese puntano sui “servizi” offerti al cliente, come ad esempio la consegna a domicilio o la possibilità di fare credito, di “segnare” come si dice. La possibile chiusura dei centri commerciali nelle domeniche e festivi scoraggerà forse la “spesa settimanale” delle famiglie che così magari compreranno di più nella macelleria e nel forno sotto casa o nel negozietto di paese.
Centri commerciali chiusi la domenica: vantaggi anche per i negozietti di paese
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