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  • Emergenza cinghiali, Tagliamonte: «Non servono misure straordinarie, basta solo rispettare le leggi vigenti»

    Dopo un primo vertice in Prefettura a Campobasso e un secondo a Isernia, nella giornata di domani  alle ore 10, il consigliere regionale delegato alla caccia Cristiano Di Pietro,  incontrerà i Sindaci dei Comuni molisani per discutere della questione legata all’aumento esponenziale di cinghiali sul territorio e ai danni provocati all’agricoltura.

    «La riunione, – si legge in una nota stampa diramata dal consigliere Di Pietro – che avrà luogo presso il palazzo dell’ex Gil in Via Milano, 15 a Campobasso, e che segue a quelle già avvenute con i Prefetti di Campobasso ed Isernia e con i rappresentanti delle due Province,  ha l’obiettivo di completare il percorso di confronto per poter giungere ad  una soluzione unanime e condivisa  per limitare i danni e dare, così, risposta agli agricoltori».

    In merito a questa delicata questione ospitiamo volentieri l’intervento dell’avvocato Alfonso Tagliamonte, delegato regionale dell’EnalCaccia (a sinistra nella foto, ndr).cinghialito
    Il Molise registra una popolazione di cinghiali notevole che causa pregiudizio alle popolazioni e danni all’agricoltura e alla circolazione stradale con tanti gravi incidenti.
    L’andamento delle domande di risarcimento da danni da cinghiale nei decorsi anni era in progressivo aumento ma ora sono diminuite drasticamente dato che la Regione ha sostanzialmente azzerato le dotazioni finanziarie al tal fine destinate e gli agricoltori hanno rinunciato a presentare inutili istanze spesso corredate da perizie che dovevano pur pagare.
    A causa della mancanza di pubbliche risorse non risulta neppure stipulata idonea copertura assicurativa anche se nelle tante vertenze civili la Regione è stata sempre ritenuta responsabile e condannata al risarcimento. La Provincia di Isernia nei decorsi anni aveva una specifica copertura assicurativa e mi risulta (a causa della mia professione) che provvedeva seppur parzialmente agli indennizzi derivanti dall’impatto di autovetture con l’irsuto selvatico.
    La mancanza di fondi, così come tutta la gestione del “problema” cinghiale è frutto esclusivo di una errata politica regionale nonché della persistente violazione della legge statale e regionale.
    Preciso meglio.
    A fronte di un eccessivo numero di selvatici nella Regione Molise:
    – Il cinghiale può essere cacciato dal 1 ottobre al 31 dicembre ma non come tutta l’altra selvaggina in tre giorni liberi a scelta del cacciatore che sono lun., merc., giov., sab. e dom. (esclusi i giorni di silenzio venatorio di mart. e ven.), ma può essere cacciato esclusivamente nei giorni di merc., sab e dom. con la conseguenza che il cacciatore che legittimamente esercita la sua passione nei suoi giorni liberi poniamo lun. e giov. può abbattere tutta l’altra selvaggina consentita ma non il cinghiale pena l’applicazione di pesanti sanzioni penali con tutto quello che ne consegue: confisca dell’arma, revoca del porto d’armi, divieto di detenzioni di armi e munizioni, elevate sanzioni amministrative etc. etc.
    – Gli altri selvatici, se si ha la fortuna di scovarli e colpirli, possono essere prelevati in diverso numero ma per quanto riguarda il cinghiale il prelievo è limitato ad un solo capo;selecontrollo e
    Le suddette restrizioni possono essere giustificate per specie in diminuzione e non per quelle in aumento come il cinghiale.
    Violazioni di legge circa l’indice minimo di densità venatoria di cui all’art. 14, comma 3, della L. 11 febbraio 1992 e art.18 della l.r. Molise n. 19/1993:
    – Parametro fondamentale per la pianificazione e programmazione dell’attività venatoria è l’indice minimo di densità venatoria, fissato dal Ministero dell’agricoltura ogni 5 anni, sulla base dei dati censuari per ogni ambito territoriale di caccia (Per l’indice di densità venatoria minima per ogni ambito territoriale di caccia, vedi l’art. 1, D.M. 31 dicembre 1992, l’art. 1, D.M. 30 gennaio 1993 e l’art. 1, D.M. 9 luglio 1993. «Art. 1. L’indice di densità venatoria minima, di cui all’art. 14, comma 3, della L. 11 febbraio 1992, n. 157, in sede di prima attuazione e per ogni ambito territoriale di caccia, già fissato con D.M. 31 dicembre 1992, è ridefinito pari a 0,0526 cacciatori/ettaro, ovvero 19,01 ettari/cacciatore». Il parametro è il risultato del rapporto tra il numero dei cacciatori e il territorio agro-silvo-pastorale nazionale ed è definito “minimo” in quanto si è definito che al di sotto di esso, non è ammissibile la pianificazione faunistico venatoria regionale. Esso indica il livello minimo di densità dei cacciatori per ettaro ed è utilizzato come riferimento per uniformare la pressione venatoria sul territorio nazionale, riequilibrando le possibili disuguaglianze che si possono venire a formare tra regioni per cause di diversa origine (geografiche, sociali, culturali, faunistiche).
    – Violazione dell’ art.18 della l.r. Molise n. 19/1993 che testualmente recita:”Ad ogni ambito di Caccia, in rapporto all’estensione territoriale ed alle risorse faunistico ambientali, viene applicato l’indice di densità venatoria minima indicata dal Ministero per l’Agricoltura e Foreste”. In tutti gli aa.tt.cc. molisani, la presenza dei soli cacciatori residenti non consente il raggiungimento dell’’indice minimo predetto come stabilito dal decreto del Ministro dell’Agricoltura e Foreste (circa 5 cacciatori per ogni 100 ettari di territorio agrosilvopastorale). Abbiamo quindi la “necessità” – sottolineo la necessità- di aprire a diverse migliaia di altri cacciatori per rispettare detto indice minimo.
    La Regione non ha il potere di stabilire in siffatte condizioni l’esclusione e quindi il mancato rispetto dell’indice ma solo di stabilire con l’approvazione del piano faunistico (quindi con atto di esclusiva competenza del consiglio regionale) il limite massimo (non quello minimo stabilito dalla legge) dei cacciatori essendo poi riservato esclusivamente agli AA.TT.CC. la gestione e quindi l’ammissione o l’esclusione di ogni singolo cacciatore ovviamente osservando criteri precedentemente stabiliti. Nessuno ha il potere di limitare l’esercizio della caccia al di sotto dell’indice minimo fissato dalla legge dello Stato. Il nostro piano è stato approvato nel 1998 ed è quindi scaduto nel 2003.
    Il parametro fondamentale per la pianificazione e programmazione dell’attività venatoria è l’indice minimo di densità venatoria, fissato dal Ministero dell’agricoltura ogni cinque anni e che il raggiungimento dell’indice di densità minima è essenziale per la approvazione del piano faunistico venatorio regionale e le associazioni nazionali mi risulta direttamente stanno predisponendo il ricorso al T.A.R. contro i deliberati regionali.
    Si aggiunga, poi, che l’esclusione provoca un maggior aumento dei cinghiali e impoverimento del territorio e in special modo di tutte quelle attività delle zone più povere della regione che nei mesi invernali traevano beneficio dalla presenza di cacciatori quali trattorie, alberghi etc. senza contare che diversi appassionati avevano acquistato/riattato o fittato immobili che utilizzavano spesso con le loro famiglie anche nei restanti periodi festivi. Questo è stato recentemente e inutilmente rappresentato anche da tanti sindaci dei nostri paesi montani Ovviamente alla Regione e anche alle Province e agli aa.tt.cc. vengono così sottratte tante risorse necessarie per una migliore gestione della caccia e del territorio (vedasi ad esempio l’acquisto di dissuasori ottici per evitare incidenti stradali, recinzioni elettrificate da dare in comodato agli agricoltori, indennizzi dei danni all’agricoltura e ai proprietari dei autoveicoli incidentati etc.. Sotto l’aspetto sociale, poi, non si permette più ad amici che cacciavano insieme da tantissimi anni di continuare a frequentarsi così come i tanti nativi molisani che risiedono fuori a causa di un lavoro loro negato nella terra natia di non poter tornare la domenica e cacciare insieme ai loro padri (io ho un figlio che risiede per lavoro in Florida che tornava preferibilmente in periodo di caccia!).cinghiali, via al selecontrollo
    Possibili soluzioni.
    1. Immediato ripristino dell’indice minimo dei cacciatori previsto dalla legge;
    2. Immediata eliminazione di tutte le assurde restrizioni per un selvatico in forte aumento: giorni liberi come per tutta l’altra selvaggina e eliminazione della limitazione dell’abbattimento a un solo capo;
    3. Redazione del Piano di contenimento della specie cinghiale previa validazione da parte dell’ISPRA.
    Le normative di riferimento (da evitare come sostenuto da alcuni il ricorso all’istituto della caccia in deroga di cui Art. 19bis. della l.157/1992 che è riferita all’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE. e quindi solo agli uccelli) sono:
    Legge 11 febbario 1992 n. 157:
    Art. 19. Controllo della fauna selvatica.
    1. Le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all’articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.
    2. Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l’Istituto verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l’esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l’esercizio venatorio.
    3. Le province autonome di Trento e di Bolzano possono attuare i piani di cui al comma 2 anche avvalendosi di altre persone, purché munite di licenza per l’esercizio venatorio.
    Legge Regionale del Molise 10 Agosto 1993, n° 19:
    Art. 7: CONTROLLO DELLA FAUNA
    1. La Regione, sentito l’I.N.F.S. (ora Ispra), per particolari esigenze anche nelle zone vietate alla caccia provvede al controllo della fauna. Il controllo deve essere selettivo e basato su metodi ecologici. Qualora tali metodi non dovessero risultare efficaci la Regione puo’ autorizzare piani di abbattimento.
    Per quanto riguarda la fase operativa vera e propria, questa potrà avere inizio nel gennaio del prossimo anno senza la necessità di procedere alla redazione di un censimento della specie per procedere agli abbattimenti, fra marzo a giugno 2015; da luglio a settembre sarebbe effettuata la fase di raccolta dati e di verifica dei risultati degli interventi. In questo primo anno, essendo fin troppo nota l’eccedenza di cinghiali e in considerazione del fatto che si tratta di una vera emergenza non si procede al censimento che invece sarà necessario per i successivi piani.

    Ciò si rende necessario sia perché il costo del risarcimento dei danni da cinghiale non è più sostenibile per le amministrazioni pubbliche deputate a tale compito, sia perché l’azione di risarcimento del danno è, e sempre sarà nel futuro, necessariamente continuativa e a fondo perduto mentre un’azione di prevenzione sulle colture, se efficace, consente di investire risorse in un’unica soluzione e di non dover intervenire ripetutamente con denaro pubblico.

    Alfonso Tagliamonte

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