CASTELGUIDONE – «Ci sono coni d’ombra e vicende mai chiarite anche relativamente alla morte di mio padre».
Così l’europarlamentare e magistrato Caterina Chinnici oggi a Castelguidone nell’ambito della giornata per la legalità e l’impegno sociale organizzata dalla Caritas diocesana di Trivento.
La figlia del giudice Rocco Chinnici ucciso dalla mafia in un attentato trentasei anni fa, rispondendo alle domande dell’Eco, ha toccato il tema dei «servizi deviati», delle «costole deviate dello Stato» che hanno avuto intrecci pericolosi e mai chiariti con la criminalità organizzata.
«Non esistono istituzioni deviate, ma uomini deviati e infedeli che operano all’interno delle istituzioni. – ha precisato il magistrato Caterina Chinnici – Io credo nelle istituzioni, perché sono parte di esse e perché è questo l’insegnamento che mio padre, giudice ucciso dalla mafia, mi ha dato. E’ emerso dalle indagini che sia nell’omicidio di mio padre, sia in altre stragi di mafia che sono costate la vita a magistrati e uomini della scorta, ci sono coni d’ombra, vicende mai chiarite. L’assassinio di mio padre è stata veramente una morte annunciata: un informatore delle forze dell’ordine, pochi giorni prima della strage, avvisò che era arrivato a Palermo un ingente carico di esplosivo e che sarebbe stato usato per un attentato. Mio padre, inspiegabilmente, non venne informato di quella circostanza. Ma, ripeto, non esistono settori dello Stato e delle istituzioni deviati e collusi con la mafia, esistono singole persone che hanno violato il giuramento di fedeltà alle leggi dello Stato. Quelle persone vanno perseguite e messe in condizione di non nuocere, ma bisogna avere fiducia nelle istituzioni. Non siamo vittime della mafia, non vogliamo esserlo, siamo combattenti. Vogliamo essere coloro che con il proprio lavoro, nella quotidianità anche banale delle nostre vite, lottano contro la mafia, che non significa solo stragi e morti, ma anche corruzione, anche silenzio, anche traffico di esseri umani, anche affari colossali legati allo spaccio di droga. Siamo tutti responsabili, ciascuno nel proprio ruolo. Dobbiamo insegnare questi valori ai nostri figli, alle giovani generazioni: la legalità, il rispetto delle leggi. Solo così il sacrificio di mio padre e quello di Falcone e Borsellino non saranno stati vani».
Francesco Bottone
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