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  • MontagnAperta: il turismo lento ed esperienziale per rilanciare le aree interne

    «Uno sviluppo e un rilancio della montagna è sicuramente possibile, a patto di non continuare ad applicare un modello che è stato la causa della marginalizzazione delle aree interne». Potrebbe riassumersi così, in una frase presa in prestito al professor Rossano Pazzagli, docente dell’Università degli studi del Molise, la seconda giornata di studi e approfondimenti “MontagnAperta“, l’evento di valenza nazionale ospitato in questo fine settimana a Capracotta. Tema del giorno “Alt(r)e terre: nuovi turismi in montagna“.

    Le zone interne dell’Alto Molise devono puntare su un turismo esperienziale, che parte dal coinvolgimento della comunità locale, «perché il turista, per un paradosso solo apparente, cerca oggi luoghi e contesti “non turistici”» ha aggiunto Pazzagli, che nelle aule universitarie studia i flussi e i meccanismi in continua evoluzione del turismo di massa e di nicchia in particolare. «Si può fare!» ha dichiarato il sindaco di Capracottra, Candido Paglione, perché in effetti altrove già si fa. E tutta la mattina di studi di “MontagnAperta” è stata un prendere atto delle esperienze di turismo lento ed esperienziale già implementate in zone interne dell’Italia, non certo molto diverse dall’Alto Molise, lungo tutta la dorsale appenninica e fin sulle isole maggiori. Particolarmente interessante l’esperienza di turismo lento posta all’attenzione dell’uditorio da Roberto Colombero, presidente Uncem Piemonte, che ha illustrato il “caso” della Valle Maira, nel Cuneese.

    «Gli operatori turistici del territorio si sono uniti in un consorzio e hanno puntato sul turismo lento, quello dei sentieri e della accoglienza extra alberghiera. – ha spiegato Colombero – La decisione politica è stata quella di non puntare sul turismo montano nell’accezione omologata, quindi grandi alberghi e piste da sci, bensì di investire sull’escursionismo. Una rete sentieristica, anche in quota, ma adatta a tutti, non per forza agli alpinisti, abbinata ad un’accoglienza fatta di borgate, ciascuna con pochi posti letto. Un albergo diffuso a tutta la comunità di valle. La cura dei dettagli, la cura del bello, del senso estetico, hanno fatto il resto e oggi la Valle Maira riesce a sviluppare un fatturato di dieci milioni di euro grazie al turismo lento, a chi cammina a piedi o in bicicletta». E se funziona, e molto bene, in Valle Maira, può funzionare anche in Alto Molise dove ad esempio Capracotta ha realizzato e tiene in ordine e in sicurezza una rete sentieristica di almeno ottanta chilometri di percorsi naturalistici.

    Oltre al turismo lento, adatto a tutti, anche a chi ha un filo di pancia o non è più un aitante ventenne, si può e si deve puntare sul turismo esperienziale, quello che porta i turisti a fare cose, a sporcarsi le mani, a vivere esperienze sul posto, immergendosi nella comunità ospitante. Utili, allo scopo, le esperienze portate dagli aderenti della Rete RiFai, i facilitatori delle aree interne, giovani che lungo tutto lo stivale non hanno abbandonato i propri territori marginali e spopolati, ma hanno “inventato” un lavoro, basato sulla progettazione e la comunicazione di esperienze di turismo appunto. Una narrazione alternativa della vita delle zone interne che può attrarre turismo, una fascia particolare di turisti almeno, questo lo scopo della Rete RiFai, che ha anche prodotto un “manifesto” che vuole essere una sorta di rivincita delle zone interne da sottoporre all’attenzione dei decisori politici.

    Nel 2023 proprio la Rete RiFai lancerà un Erasmus delle zone interne d’Italia: muovere giovani e giovanissimi da un posto all’altro della Penisola, ma sempre in zone interne e montane, per permettere uno scambio di esperienze e di idee. Un esempio particolare di turismo di nicchia è stato presentato da  Mirko Cipollone di “Appennini for All“, un operatore turistico inclusivo. Il suo obiettivo è rendere accessibile la montagna anche ai portatori di disabilità. Si parla di un potenziale bacino di utenti stimato intorno ai dieci milioni di persone.

    «Fare turismo, senza fare turismo», quasi un ossimoro logico, lanciato dai facilitatori delle zone interne per spingere il turismo esperienziale, ripreso e analizzato dal professor Pazzagli. «I piccoli Comuni sono grandi. E’ il titolo del mio prossimo libro, in uscita in queste settimane. – ha spiegato Pazzagli – Sono grandi perché godono delle tre “P”, elementi indispensabili per rilanciare il turismo: paese, paesaggi e prodotti. Ecco che le aree interne possono diventare dei veri laboratori per sperimentare nuove forme di turismo legate alle esperienze. Il nuovo obiettivo del turista non è più quello di vedere un posto, ma di viverlo, di fare esperienze di quel luogo, di calarsi e vivere nella comunità ospitante, di godersi la qualità della vita eccezionale dei piccoli centri e delle aree interne».

    «Si può fare!», dunque, ha chiuso il sindaco Paglione «e non smetteremo di ripeterlo fino a quando non avremo l’ascolto e l’attenzione delle istituzioni, a tutti i livelli».

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