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  • Spopolamento, c’è anche chi torna e fa impresa in montagna: l’esempio arriva da Capracotta

    L’Italia vista dall’alto e raccontata da vicino. “Alta quota“, la rubrica di approfondimento della Rai, ha portato i telespettatori dove il cielo incontra la terra: sulle montagne d’Italia, tra vette silenziose, piccoli Comuni sospesi e sentieri poco battuti. Nella puntata di domenica, su Rai 3, i conduttori Ester Maria Lorido, Silvano Ploner e Sophie Tavernese si sono trasformati in guide alla scoperta di panorami mozzafiato e testimonianze autentiche, umanità e paesaggio, per raccontare le vite di chi ha scelto, o ha deciso di non lasciare, le terre alte.

    Una narrazione lenta, riflessiva, capace di scavare nell’intimità delle persone che vivono in condizioni spesso estreme. Un racconto verticale dell’Italia spesso invisibile, fatto di passi lenti, storie vere e orizzonti lontani. E una parte del servizio ha riguardato la storia di tre giovani fratelli di Capracotta, «uno dei paesi più in quota dell’Italia centro meridionale». I tre fratelli, per continuare la tradizione di famiglia e per amore della loro terra, dopo gli studi universitari hanno deciso di tornare in paese e rilevare l’azienda zootecnica dei nonni, della loro famiglia. Tradizioni che si tramandano di padre in figlio, da generazioni, con la stessa passione e, oggi, con maggiori competenze culturali e scientifiche rispetto al passato.

    Una scelta di vita coraggiosa, che dimostra che nelle “terre alte” d’Italia non solo si può continuare a vivere, ma si può anche fare impresa con eccellenti risultati. «Fondamentalmente per noi il paese è “casa”, – spiega alle telecamere della Rai Mina Pallotta – perché abbiamo sempre vissuto in questo territorio, sin da piccolini. E proprio per questo abbiamo deciso di investire qui e tornare a lavorare in questo luogo». Un attaccamento viscerale ed emotivo, di sangue e sudore, di terra e pascolo, quello che ha riportato in paese i tre giovani imprenditori.

    «Tornare in Alto Molise non è una scelta semplice e spesso neanche conveniente, – aggiunge l’altra sorella, Francesca Pallotta – però nel nostro caso è stato importante perché ha rappresentato il perseguimento e il proseguimento, soprattutto, dei sacrifici che la nostra famiglia ha fatto nel corso delle generazioni».

    Imprenditoria affettiva, dunque, di questo si tratta, con la caparbietà e a volte la follia tipica delle genti di montagna, abituate a vedersela da soli, senza le “coccole” delle istituzioni (che in realtà sarebbero diritti, ndr) che a queste quote sono assenti, non pervenute. Dopo gli anni trascorsi fuori da Capracotta per gli studi universitari Mina, Francesca e Andrea hanno fatto una scelta di vita coerente e coraggiosa allo stesso tempo. Il progetto è stato quello di continuare e ridare nuova vitalità all’azienda zootecnica che i nonni avevano fondato, quando allevare bestiame era forse la sola opzione possibile in Alto Molise. Tornati in paese, quindi, i tre fratelli hanno trasformato l’azienda di famiglia, rendendola più moderna e adatta ai tempi; a questo servono gli studi universitari, ad avere competenze, sicuramente, ma anche visioni future, strategie di lungo periodo, mente aperta.

    «I sacrifici che stiamo facendo oggi, – continua Francesca – speriamo che possano restituirci, in futuro, qualcosa, e che possano portare a far conoscere a più persone possibili tutto quello che è racchiuso nella nostra azienda; ma l’obiettivo principale è quello di far prendere atto della genuinità e della naturalezza dei nostri prodotti che cerchiamo di custodire con il nostro lavoro». «C’è tanto lavoro da fare, – aggiunge il fratello Andrea – e quindi non abbiamo molto tempo libero, però c’è anche tanta soddisfazione che in qualche modo ricompensa i nostri sforzi».

    L’innovazione principale è stata aprire l’azienda ai visitatori, soprattutto ai bambini delle scuole, spesso ospitati nel corso di visite guidate esperienziali. «Crediamo sia fondamentale far comprendere, anche ai più piccoli, il concetto di filiera e cioè che il latte o il formaggio non nascono nei supermercati, ma dagli animali che noi alleviamo». L’altro strumento per far conoscere i prodotti all’esterno è la vendita davvero casa per casa, come si faceva una volta, attività di cui si occupa principalmente Mina.

    «Uno dei motivi di questa nostra vendita casa per casa è quello di offrire un servizio di prossimità agli anziani che non hanno possibilità di muoversi e raggiungere l’azienda». Produrre prodotti di alta qualità e fornire un servizio di consegna capillare, questo è il valore aggiunto dell’azienda che così intercetta una maggiore domanda.

    «Speriamo, senza presunzione, che questo nostro impegno possa diventare un esempio per altri ragazzi che magari sceglieranno di non lasciare il nostro territorio, ma di investire le proprie energie e competenze in questi posti».

    Il sindaco Candido Paglione

    «Sono davvero contento e orgoglioso del bellissimo servizio andato in onda sulla TGR nazionale “Alta Quota”, dedicato alla storia dei tre giovani Pallotta: Mina, Francesca e Andrea», commenta il sindaco di Capracotta, Candido Paglione. «La loro testimonianza è un esempio luminoso di coraggio, determinazione e amore per la propria terra. – aggiunge il primo cittadino – dopo gli studi universitari hanno scelto di tornare a Capracotta per portare avanti e far crescere l’azienda zootecnica di famiglia. Una decisione non scontata, che racconta la voglia di restare, di costruire il proprio futuro qui, nei luoghi che ci appartengono. Complimenti di cuore a Mina, Francesca e Andrea: la vostra scelta è un messaggio potente e positivo per tutta la comunità. – chiude Paglione – Dimostra che in montagna si può vivere, lavorare e fare impresa con successo. Chapeau, ragazzi. E buona fortuna per tutto ciò che verrà».

    a cura di Francesco Bottone

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