In questi giorni le amministrazioni municipali di Chieti e di Pescara sono alle prese con il Piano Antenne, strumento normativo fondamentale per mettere ordine in un settore altrimenti governato dal caos. L’appuntamento, di per sé importantissimo, accresce di valenza per la concomitanza con la sperimentazione sulla tecnologia cosiddetta 5G in corso in cinque città, tra cui L’Aquila, e in 120 piccoli comuni, 11 dei quali nel territorio abruzzese: Barete, Canistro, Civita d’Antino, Gagliano Aterno, Introdacqua e Morino nell’Aquilano; Tossicia in provincia di Teramo; Fresagrandinaria nel Chietino; Brittoli, Castiglione a Casauria e Montebello di Bertona in Provincia di Pescara.
«La sperimentazione, chiariamolo subito, è esclusivamente tecnica e non riguarda in alcun modo le possibili conseguenze negative per la salute. – spiega il Wwf in una nota – La tecnologia 5G prevede l’impiego di frequenze mai usate finora. Una scelta certamente non priva di incognite, tant’è vero che moltissimi ricercatori, a livello mondiale, stanno chiedendo una moratoria finché non saranno effettuati studi attendibili e indipendenti sull’impatto sanitario e ambientale che questa tecnologia può comportare. Un documento recentemente varato per iniziativadell’Istituto Superiore di Sanità è sostanzialmente possibilista nei confronti della nuova tecnica, pur raccomandando cautela e ulteriori approfondimenti in particolare per le esposizioni precoci e a lungo termine. Si tratta però di uno studio duramente contestato nei metodi e nelle conclusioni da ISDE – Medici per l’ambiente: secondo gli specialisti di questa benemerita associazione deve prevalere il principio di precauzione e ogni Comune dovrebbe vietare il 5G nel proprio territorio, sperimentazioni comprese, “fino a quando non sia adeguatamente pianificato un coinvolgimento degli enti pubblici deputati al controllo ambientale e sanitario, messe in atto valutazioni del rischio e un piano di monitoraggio dei possibili effetti sanitari degli esposti che dovrebbero essere informati dei rischi potenziali”. Molti dei 120 piccoli Comuni coinvolti si stanno del resto ribellando a una sperimentazione tecnica (e non sanitaria) imposta dall’alto che trasforma i cittadini non già in cavie, perché le cavie sono almeno controllate, ma in potenziali vittime di una tecnologia dei cui effetti sulla salute si sa ancora troppo poco. Lo stesso Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti (SCHEER) della Comunità Europea, che ha sempre avuto un atteggiamento alquanto negazionista sui possibili effetti biologici dei campi elettromagnetici, nella sua ultima newsletter “evidenzia criticità sconosciute sui problemi di salute e sicurezza” in relazione alle tecnologie 5G, che sono ad oggi “molto meno studiate per ciò che concerne i loro effetti sull’uomo o sull’ambiente”». Alla luce di queste considerazioni il WWF Chieti-Pescara chiede ai Comuni loro malgrado coinvolti di votare, come molti stanno già facendo, documenti ufficiali per chiedere «l’immediata sospensione di una sperimentazione imposta dall’alto e senza alcun coinvolgimento dei cittadini, lasciati completamente all’oscuro di quello che sta accadendo o sta per accadere nel loro territorio».
«Analogamente – sottolinea la presidente del WWF Chieti-Pescara Nicoletta Di Francesco – chiediamo alle amministrazioni municipali di Chieti e di Pescara di far sì che i rispettivi Piani Antenne rispettino al 100% sia l’obbligo della trasparenza e del coinvolgimento dei cittadini in scelte fondamentali per la loro salute (informazione prima dell’approvazione e non a cose fatte), sia il principio di precauzione vietando il 5G sino a quando non ci saranno certezze sanitarie e ambientali sugli effetti di questa tecnologia, come sta accadendo in tutta Europa: in Belgio ad esempio, è notizia di questi giorni, la ministra regionale dell’ambiente Céline Fremault ha vietato la sperimentazione 5G a Bruxelles: “I cittadini – ha detto – non sono cavie, servono standard di sicurezza”. Scelte analoghe servono ovunque con i sindaci che devono tenere ben presente il loro ruolo di tutela nei confronti della collettività: il progresso tecnologico ha certamente un suo peso ma conta molto di più, in base ai principi di precauzione e di responsabilità, salvaguardare la salute dei cittadini e dell’ambiente».
In Alto Molise la sperimentazione sta per partire a San Pietro Avellana.