Monarchia e repubblica, il “caso” infiamma lo “Spataro”.
Il nostro editoriale alimenta in interessante dibattito a distanza con i docenti dell’istituto scolastico di Gissi.
Dopo aver pubblicato la replica della preside, Aida Marrone, riceviamo e volentieri pubblichiamo la seguente nota a firma della professoressa Anna Petracca, docente presso l’istituto “Spataro” di Gissi,
Gent.mo signor Bottone,
sono una di quegli insegnanti che, secondo Lei, non conoscono e non sanno insegnare la storia!
Sarà come dice Lei, però a me hanno insegnato a pormi delle domande, senza accettare nulla come assioma incontrovertibile e questo ho insegnato e insegno ai miei allievi.
Mi permetta quindi di chiederLe alcuni chiarimenti:
1) Cosa intende Lei per maggioranza? Per me è la metà più 1, e non può mai essere considerata “Irrisoria”;
2) Se qualcuno non ha votato perché le leggi di allora non lo consentivano, quelle persone vanno annoverate tra gli oppositori?
3) Se durante le votazioni ci furono dei brogli, sono avvenuti da una sola fazione, o da entrambe?
4) Dopo il “Ventennio fascista” e la dolorosissima, in termini umani, II Guerra Mondiale ( ognuno di noi sente nel suo DNA il sangue versato per la causa), si può parlare di “insufficienza morale” per definire il passaggio istituzionale?
5) Infine, signor Bottone, Le chiedo cosa è per lei la morale, il retto agire, il retto pensare? Conformarsi alla sua personale visione dei fatti o ossequiare la tesi di un ventenne che non ha mai avuto il piacere di mettersi in discussione?
Anna Petracca
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Gentilissima professoressa Petracca,
la ringrazio per il contributo che con la sua lettera a questa redazione offre al dibattito. L’intento dell’ormai famigerato editoriale, tanto inviso alla sua dirigente, era proprio quello di sollecitare una riflessione critica su vicende che i libri di storia solitamente liquidano in due righe.
Mi trovo costretto a precisare nuovamente che mai, nei miei scritti, ho asserito che il corpo docente dello “Spataro”, istituto che abbiamo volentieri accolto su queste colonne ormai da mesi, non conosca o non sappia insegnare la storia. Dico solo che se sui libri alcune cose non ci sono scritte è poi difficile insegnarle e spiegarle in aula, non trova?
Passando alle sue domande, rispondo sinteticamente ribadendo la mia disponibilità ad approfondire questi temi magari nel corso di un convegno presso il vostro istituto.
1 – Non si tratta di capire cosa intende lei, presumo docente di storia, o io, povero cronista di montagna, per maggioranza. Non è materia opinabile e discrezionale. C’è, infatti, un decreto luogotenenziale, precisamente il n. 98 del marzo ’46, che all’articolo 2 recita testualmente: «Qualora la maggioranza degli elettori votanti si pronunci in favore della Repubblica…». Converrà con me che il concetto di “elettori votanti” è molto diverso dai soli “voti validi”, quelli che furono di fatto conteggiati per arrivare ai dati definitivi del referendum. Secondo lei chi vota scheda bianca o nulla non è un elettore votante? D’altra parte se la questione del quorum animò all’epoca il dibattito di insigni giuristi un motivo ci sarà stato, non crede?
2 – Non è vero che “qualcuno non ha votato perché le leggi di allora non lo consentivano”. Non c’era nessuna legge che prevedeva questo divieto che sarebbe stato evidentemente illegittimo. Semplicemente milioni di italiani non parteciparono alla scelta referendaria perché magari prigionieri di guerra, in carcere, esuli non ancora rimpatriati, territori non ancora restituiti all’Italia. Milioni di elettori impossibilitati materialmente (e non per legge, ndr) a partecipare al voto. Non pretendo di sapere come avrebbero votato e non mi interessa. Dico solo che avrebbero dovuto votare e invece non lo fecero.
3 – Che ci furono brogli è ormai accertato in sede storiografica. E da qualunque “parte” siano giunti, oggi sarebbero considerati sufficienti, in un qualsiasi paese democratico dell’Occidente, per annullare le elezioni. All’epoca, invece, il Governo autoproclamato (più o meno come quello renziano attuale, ndr), fece finta di nulla e senza attendere il pronunciamento della Cassazione sui brogli e i ricorsi pendenti, con un atto arbitrario e unilaterale, annunciò nei fatti il passaggio dalla monarchia alla repubblica. Fu una decisione politica, presa dai politici, non elettorale, non dal popolo.
4 – Proprio perché si usciva dalla guerra, dal Ventennio, da un periodo di inaccettabili violazioni dei diritti umani e politici si sarebbe dovuto assicurare il rispetto delle norme, delle leggi, e non in ultima analisi della volontà del popolo sovrano nella sua interezza.
5 – In merito alla sua domanda numero 5 non posso rispondere perché non ho compreso il senso del quesito. Chi sarebbe il «ventenne che non ha mai avuto il piacere di mettersi in discussione»? E chi avrebbe ossequiato la sua tesi?
Mi faccia sapere, se crede.
Francesco Bottone
effebottone@gmail.com