«Una sentenza che apre la strada agli agricoltori per essere risarciti integralmente dei danni subiti da fauna selvatica».
Così Barbara Mazzali, consigliere regionale in Lombardia da sempre attenta alle problematiche del mondo venatorio, a commento di una sentenza del Tribunale di Taranto che «non solo ha ribadito l’obbligo per Regioni e Province di ristorare l’agricoltore che ha subito danni da fauna selvatica, ma ha anche decretato il passaggio da un’ottica di indennizzo ad una di risarcimento».
«I danni che la fauna selvatica sta facendo alle colture sono ormai fuori dal controllo. – scrive in un post sui social la consigliere regionale – La fase di lockdown ha fatto aumentare queste specie in modo esponenziale, potendo vivere indisturbate ovunque per oltre due mesi. Solo i cinghiali in Lombardia, l’anno scorso hanno causato 128 incidenti stradali e danni agli agricoltori per oltre 550mila euro. I cinghiali stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura e anche la sicurezza dei cittadini. Ma veniamo alla cosa interessante, perché se la politica non ha il coraggio di fare scelte serie e risolutive, ci pensa il tribunale a far pagare i responsabili. Il giudice monocratico ha dato ragione ad una azienda di Castellaneta che aveva subito danni ingenti ad un uliveto e ad un agrumeto da parte di cinghiali. Il giudice ha condannato la Regione Puglia e la Provincia di Taranto a risarcire con una somma di circa 40mila euro l’azienda agricola».
Nella sentenza il giudice ha sottolineato, ed è questo il dato importante secondo Mazzali, «come sia compito delle Regioni vigilare e controllare la fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato, e che questo obbligo era stato demandato in Puglia alle Province. Le province pugliesi erano quindi tenute alla predisposizione di piani faunistici venatori, attraverso i quali perseguire obiettivi di individuazione e stabilizzazione della densità faunistica ottimale per territorio. Il giudice ha constatato come gli enti territoriali non avessero messo in campo strategie di contenimento efficaci e né alcuna iniziativa amministrativa in materia».
Inoltre il giudice fa notare come :
Il giudice precisa che «non appare possibile anche solo ipotizzare un concorso di colpa della società, dalla quale non si potrebbe di certo pretendere la recinzione di tutti gli estesi terreni condotti in affitto».
«Fino a questa sentenza i danni provocati dalla fauna selvatica alle aziende agricole venivano ricondotti al concetto di rischio di impresa, – ha spiegato l’avvocato dell’azienda agricola, Giuseppe Clemente – e come tale i danni al massimo erano indennizzabili. L’indennizzo è infatti una somma che non sostituisce il danno, ma lo allevia nei limiti delle disponibilità finanziarie di chi lo eroga. Nel risarcimento invece la somma di denaro viene calcolata sull’intero danno arrecato. Il danno non rientra più nel concetto di rischio di impresa, poiché è causato dalla negligenza della Regione, che omettendo qualsivoglia cautela lo ha determinato nella sostanza».
«Nel riconoscere la responsabilità solidale di regione e provincia nel risarcire il danno causato dalla fauna selvatica (e quindi anche da lupi, ungulati o nutrie), il giudice Federici apre la strada ad altri ricorsi, in altre regioni, da parte delle aziende agricole che hanno subito danni. – aggiunge in chiusura Barbara Mazzali – Il principio giurisprudenziale introdotto da questa sentenza, e cioè che il danno da fauna selvatica non è riconducibile al rischio di impresa, può certamente essere esteso a livello nazionale».