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  • Don Martino: «Troppi soldi ai cardinali, noi preti viviamo appena al di sopra della soglia di povertà»

    BELMONTE DEL SANNIO – «Occorre tagliare in Vaticano ed equiparare tutto al livello italiano, che è appena sopra la soglia di povertà».

    E’ il commento di don Francesco Martino, parroco di Belmonte del Sannio, alla notizia data da Il Messaggero in merito allo “stipendio” dei preti.

    In media mille euro netti al mese. E’ lo stipendio fisso di un parroco, escluse le offerte per le messe, per i sacramenti e per i funerali che nei piccoli centri montani sono le cerimonie più diffuse. Molto più di quanto guadagna un operaio o un artigiano che vive in Alto Molise o in Alto Vastese.

    «Il mensile dei sacerdoti è calcolato allo stesso modo di quello di un vescovo.  – spiega nella sua inchiesta la giornalista Franca Giansoldati – Il meccanismo è basato su una specie di punteggio che grosso modo corrisponde all’anzianità. Ai parroci con maggiore esperienza viene erogato fino a 1200 euro, mentre per i vescovi fino a 3000 euro circa».

    Musica un po’ diversa in Vaticano, che paga lo stipendio a quattromila lavoratori, tra cui anche cardinali e arcivescovi capi di dicastero o di pontifici consigli. Per questi ultimi la remunerazione varia dai tremila ai quattromila euro, cinquemila mila per i cardinali.

    «In Italia la Chiesa dal punto di vista finanziario si è rafforzata grazie ai fondi dell’8 per mille: nel 2012 ha ricevuto 1 miliardo 148 milioni 76 mila e 594 euro, di cui 117.430.056 euro a titolo di conguaglio per l’anno 2009 e 1.030.646.537 euro a titolo di anticipo dell’anno 2012. – scrive sempre Il Messaggero – Un fiume di denaro che serve per diversi scopi, tra cui la «remunerazione» dei parroci per il servizio che svolgono (guai a chiamarlo stipendio). Questa entrata viene integrata dai contributi volontari dei fedeli, con l’elargizione di somme che rappresentano la variabile della busta paga».

    E tra l’altro queste offerte dei fedeli non sono nemmeno tracciate. Così mentre don Martino si preoccupa di precisare che i mille euro presi dai sacerdoti sono «appena al di sopra della soglia di povertà», altrove i suoi confratelli si tagliano anche quello stipendio per donarlo a chi è davvero in difficoltà e, a differenza dei preti, ha anche una famiglia da mantenere.

    Sempre Il Messaggero infatti pubblica la notizia secondo la quale ben 800 preti che vivono nella diocesi di Bergamo destineranno quei soldi della loro “paghetta” a chi ha perso il lavoro nel territorio delle loro parrocchie. «Mille euro, moltiplicati per 800 parroci, fanno 800 mila euro, un bel gruzzolo. – scrive Il Messaggero – Dall’Istituto centrale per il sostentamento del Clero della Cei finiranno in un fondo aperto dalla diocesi di Bergamo e destinato ai disoccupati cronici o chi non riesce più a reinserirsi nel mercato del lavoro. L’idea è venuta al vescovo, Francesco Beschi, il quale a sua volta volta girerà l’intero mensile, di circa 2600 euro, a beneficio della causa».

    Bernardo Gui

    L’ARTICOLO DE “IL MESSAGGERO” SUGLI STIPENDI DEI SACERDOTI QUI

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