«L’emergenza sanitaria è solo un acceleratore di problemi e contraddizioni che erano già in atto nelle zone interne». E ancora: servizi e occupazione, sostanziati nei diritti dei cittadini e nel diritto al lavoro, sono i due filoni principali sui quali battere per tentare di invertire lo spopolamento delle aree marginali dell’entroterra secondo il professor Rossano Pazzagli, docente Unimol, che nei giorni scorsi ha tenuto un secondo seminario organizzato dal “Movimento per la difesa delle zone interne“. Un’azione culturale, prima che politica, quella del Movimento guidato da Domenicangelo Litterio, che si sposa e si affianca all’iniziativa dei vescovi relativa al forum permanente per le zone interne.
Lo spopolamento, ne è convinto il professor Pazzagli, è frutto di «scelte politiche e di un modello di sviluppo che ha marginalizzato le aree interne e montane». «L’Italia è piena di progetti, ma solo pochi di questi diventano pratiche concrete che durano nel tempo» ha aggiunto Pazzagli prima di affrontare il tema della scuola e della sanità e dei trasporti, cioè le tre linee guida della Strategia nazionale per le aree interne. «Si tratta di servizi fondamentali che corrispondono a tre diritti fondamentali dei cittadini, tutelati dalla Costituzione. – ha spiegato l’esperto – In tema di sanità si insiste sulla sanità territoriale, che non vuol dire costruire un grande ospedale in un’area marginale, ma mettere in condizione tutti i luoghi di avere un presidio sanitario in connessione diretta, anche telematica, con gli ospedali di riferimento. Infermieri e ostetriche di comunità, ad esempio, ma anche telemedicina, tutte azioni che offrano opportunità di cure sanitarie ai residenti, al pari di chi abita nelle città».
I poli scolastici intercomunali non convincono troppo il docente Unimol, che invece vorrebbe «investire nelle piccole scuole di paese». «Riaprire le piccole scuole chiuse da anni sarebbe una grande innovazione, per la scuola e per il paese. – ha dichiarato Pazzagli – Qualcuno le considera scuole di serie B, con le pluriclassi. Ci sono esperienze che vanno in direzione opposta. Realtà dell’Appennino dove ci sono stati investimenti sulle piccole scuole, sulle pluriclassi, che evitano ai bambini di dover percorrere anche venti chilometri per raggiungere magari il polo scolastico, e li mette in condizione di andare a scuola a piedi, vicino casa, con personale qualificato e connessioni internet veloci. La presenza di una scuola in paese significa molto per tutta la comunità residente».
In tema di trasporti il professore propone una riorganizzazione dalla base: «E’ inutile far circolare pullman da cinquanta posti quasi sempre vuoti; meglio impiegare mezzi più piccoli, in grado di arrivare ovunque. Il tema della connessione tra le direttrici costiere e le dorsali interne è una questione nazionale». Le cooperative di comunità sono le forme più adatte per fare micro-impresa nelle aree interne. Ne è convinto l’esperto dell’Unimol «perché oltre a produrre vantaggi per i soci deve produrre benefici per l’intera comunità dove è insediata». I vantaggi: bastano pochi soci, con quote sociali basse. Un ostacolo potrebbe essere rappresentato dai confini amministrativi tra Regioni e Province, per via delle diverse legislazioni.
«Spesso i confini finiscono per essere dei recinti. – ha denunciato Pazzagli – Bisogna partire dalle risorse del territorio da mettere in valore, a prescindere dai confini amministrativi. Valorizzazioni di prodotti, anche spontanei ad esempio, come i frutti di bosco o le piante officinali, per i quali c’è una crescente richiesta, ma anche servizi turistici esperienzali». Ci sono bandi e finanziamenti specifici per le cooperative di comunità. «In Alto Molise e Vastese non c’è una consolidata tradizione cooperativa, occorre dunque fare informazione su questo. – ha aggiunto il docente universitario – E’ un progetto di innovazione sociale che va proposto e supportato».
Francesco Bottone