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  • Aree interne: laboratorio Castel del Giudice per il rilancio, tra ambiente e coesione territoriale

     

     

    Castel del Giudice come laboratorio attivo di rinascita delle aree interne. Il luogo in cui il 24 novembre nell’ambito del convegno dal titolo “Strategia nazionale delle aree interne e servizi ecosistemici”, a cui ha partecipato anche Enrico Borghi, delegato alle aree interne per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, si sono confrontati rappresentanti delle istituzioni locali, dell’Università del Molise e del Centro di ricerca ARIA (Aree Interne Appennini), per discutere sul valore dei benefici dell’ambiente naturale come fonte di sviluppo economico e sugli strumenti legislativi a disposizione per il rilancio delle zone spopolate dell’entroterra italiano. Tra questi, la SNAI – Strategia Nazionale Aree Interne, i Pagamenti per i Servizi Ecosistemici e Ambientali (PSEA), la legge sui Piccoli Comuni, la legge sulla Green Economy e la normativa sulla Green Community. Castel del Giudice è l’esempio di come si possa dare efficacia alle risorse già esistenti sul territorio per creare nuovi servizi e occupazione.

    «Le nostre mele – ha spiegato il sindaco Lino Gentile, in riferimento al meleto biologico del paese – finiscono nella più grande azienda di succhi di frutta di Monaco di Baviera. Questo perché a Monaco sono rimasti colpiti dalla purezza dell’acqua che arriva da Capracotta. L’acqua, così come altre risorse naturali, sono un valore aggiunto per il nostro territorio. Bisogna trovare la capacità innovativa per renderle fonte di sviluppo». Il sindaco di Castel del Giudice, citando l’economista Robert Costanza ha reso noti alcuni dati: il valore dei servizi che la natura offre all’umanità si aggira intorno ai 145mila miliardi di dollari annui, rispetto ad un PIL globale di 80mila miliardi di dollari. Ad entrare nel merito, Davide Marino, docente di Contabilità ambientale e servizi ecosistemici del Centro di ricerca ARIA, il quale ha evidenziato come gran parte dei servizi ecosistemici siano concentrati proprio nelle aree interne, «ma c’è la necessità di costruire comunità resilienti tra coloro che esercitano il governo del territorio», perché se da un lato c’è una grande offerta, deve esserci la capacità di trasformarla in nuovi consumi, a partire dalla consapevolezza delle comunità. Di qui il concetto di green community, fare della popolazione del territorio la protagonista del suo sviluppo sostenibile. Alcuni modelli per rendere efficace l’incontro tra domanda ed offerta sono stati già sviluppati ed inclusi sulla recente normativa sulla Green Community. L’Unimol ha attivato, a proposito, il master “Governance dei servizi ecosistemici e dei Pes per lo sviluppo economico delle aree interne”, il primo in Italia di questo genere. Marco Marchetti, presidente del Centro ARIA, ha fatto il punto sullo stato della ricerca sulle aree interne. «Le proiezioni ci dicono che in Italia le superfici forestali stanno superando le aree agricole – ha detto Marchetti -. Abbiamo tre paesaggi uniformati che metteranno a rischio la biodiversità». Tra le azioni da intraprendere, dunque, la valorizzazione della biodiversità come volano di turismo naturalistico, la valutazione dell’impatto delle politiche di sviluppo rurale sullo sviluppo delle aree interne, promuovere azioni dal basso per le generazioni future. Luca Lo Bianco della Fondazione Montagne Italia ha coordinato una tavola rotonda a cui hanno partecipato Giovanni Carrosio (esperto di SNAI), Antonio Nicoletti di Legambiente e Pompilio Sciulli, presidente Anci.

    Dal confronto è emersa la necessità di valorizzare l’ambiente per frenare lo spopolamento, mettendolo al centro di politiche turistiche, di contrasto del dissesto idrogeologico, di promozione dei prodotti locali. «I servizi ecosistemici in Italia valgono 90 miliardi di euro, i 2/3 di questi sono nelle zone interne», ha detto Luca Lo Bianco, ricordando che esistono misure affinché le aree interne possano avere una forma di pagamento con i benefici della natura (PSEA – Pagamenti per i servizi ecosistemici e ambientali). Nicoletti ha proposto la creazione in Alto Molise di un parco regionale, che nasca dalla determinazione delle comunità locali. A citare la legge sui Piccoli Comuni, che riconosce l’importanza degli stessi per lo sviluppo territoriale, con una dotazione finanziaria di 100 milioni di euro circa fino al 2023, il presidente Anci Pompilio Sciulli, il quale ha ricordato l’Agenda del Controesodo condivisa dall’Anci.

    A Rossano Pazzagli, direttore Centro ARIA, il compito di coordinare un’altra tavola rotonda tra i sindaci referenti dei 4 progetti molisani relativi alla Strategia Nazionale delle Aree Interne: il sindaco di Spinete Andrea Romano per il progetto pilota del Matese, Salvatore D’Amico, primo cittadino di Jelsi, per il Fortore, Linda Marcovecchio, vicesindaco di Agnone per l’area Alto e Medio Sannio, Marisa Margiotta, sindaco di Castel San Vincenzo per l’area Mainarde. Dal confronto è venuta fuori l’esigenza di uscire dalla logica dell’assistenzialismo, snellire la burocrazia, puntare al risanamento dei centri storici per rimettere in moto l’economia, abbattere i campanilismi per creare forme di solidarietà tra i comuni, detassare i piccoli territori. Le conclusioni sono state affidate a Enrico Borghi, che ha illustrato in sintesi le politiche del governo sullo sviluppo delle zone interne d’Italia. Politiche che premiano le comunità che sanno rendersi protagoniste del processo di cambiamento, che sanno fare innovazione e cooperare. Borghi ha evidenziato l’importanza di formare la classe dirigente, ha ribadito i vantaggi della legge sui Piccoli Comuni e del decreto del Sud che genera risposte a sostegno dell’imprenditoria, oltre alla normativa sulla Green Community: «una grande idea per far spendere le risorse in modo che il territorio abbia la capacità per camminare con le proprie gambe».

     

     

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